In vigore il decreto Minniti in materia di diritto dell’immigrazione.
In data 19 aprile 2017 è stato pubblicato in gazzetta il decreto legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni in legge 13 aprile 2017, n. 46 (c.d. decreto Minniti) recante disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale. Il decreto, come convertito in legge, presenta qualche luce, ma – purtroppo – moltissime ombre nonché numerose violazioni dei diritti fondamentali.
Tra le varie misure introdotte dal decreto, si segnala positivamente l’istituzione di 26 sezioni di tribunale specializzate in materia di “immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea” con il compito di ridurre i tempi del contenzioso in materia e aventi sede presso i capoluoghi di Corte d’Appello. L’altra buona notizia attiene alla professionalizzazione delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale:
Finite le luce, passiamo alle ombre. Il decreto purtroppo segue la solita ratio italiana in materia di immigrazione, ovvero un intervento legislativo in reazione a situazioni di presunta emergenza che non tenta di elaborare una risposta sistematica e condivisa a un fenomeno, quale quello delle migrazioni, che è strutturale e non emergenziale, con il malcelato scopo di arginare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. Tali obiettivi vengono perseguiti nella nuova normativa attraverso la sostituzione dei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) con i nuovi CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio), che dovrebbero, nelle intenzioni del governo, favorire il rimpatrio effettivo degli irregolari.
Quello che desta maggior scalpore è la cancellazione del secondo grado di giudizio per i richiedenti asilo che abbiano fatto ricorso contro il provvedimento di diniego e la sostituzione nel primo grado di giudizio del “rito sommario di cognizione” con un rito camerale senza udienza, senza contraddittorio e senza possibilità di audire il soggetto richiedente. Si tratta di una chiara violazione dell’articolo 111 della Costituzione (che garantisce il diritto a un giusto processo) e dell’articolo 24 (che sancisce il diritto di difesa), oltre che dell’articolo 6 della Convenzione europea sui diritti umani (contenente il diritto a un equo processo) e dell’art. 14 della medesima Convenzione (che prevede il divieto di discriminazione): tali previsioni sono infatti caratterizzate da un accentuato tratto discriminatorio, che porta ad escludere il contraddittorio tra le parti e la possibilità di impugnare in appello la sentenza avversa solo per i richiedenti asilo.
Il contratto di apprendistato del figlio non esonera il padre a versare l’assegno di mantenimento.
In queste settimane lo Studio Lana Lagostena Bassi è impegnato nella difesa di una madre, collocataria prevalente di due figli, citata in giudizio dall’ex coniuge che chiede di non versare più l’assegno di mantenimento per la figlia (maggiorenne ma convivente ancora con la madre) che ha sottoscritto un contratto di apprendistato.
Il padre ha invocato la raggiunta autonomia della ragazza che lo legittimerebbe – secondo la sua ricostruzione dei fatti – ad omettere il versamento dell’assegno di mantenimento.
Come rilevato dallo Studio Lana Lagostena Bassi a difesa della donna, la Corte di Cassazione è orientata in senso opposto a quanto affermato dal padre in questione: ed infatti, secondo la Corte, il padre deve continuare a versare il contributo di mantenimento per il figlio maggiorenne che trova un posto di lavoro in qualità di apprendista.
L’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli, infatti, non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma perdura immutato finché il genitore interessato non provi che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica (o sia stato avviato ad attività lavorativa con concreta prospettiva di indipendenza economica), ovvero finché non sia provato che il figlio stesso, posto nelle concrete condizioni per poter addivenire all’autosufficienza, non ne abbia, poi, tratto profitto per sua colpa. In questo senso, la mera prestazione di lavoro da parte del figlio occupato come apprendista non è di per sé tale da dimostrarne la totale autosufficienza economica, atteso che il complessivo contenuto dello speciale rapporto di apprendistato si distingue sotto vari profili, anche retributivi, da quello degli ordinari rapporti di lavoro subordinato. (cfr. Cass. Civ., sez. I civile, 11 gennaio 2007 n. 407, Cass. Civ., 9 maggio 2013, n. 11020).
Addirittura, la giurisprudenza di merito, esclude il venir meno dell’obbligo di mantenimento del genitore nei confronti del figlio che ha un contratto di apprendistato e non convive più con il genitore collocatario.
In particolare, poi, la Corte d’ Appello di Roma, con sentenza n. 6080 del 14 ottobre 2016, ha sancito chiaramente che l’autosufficienza economica, idonea a far venir meno l’obbligo di versare l’assegno di mantenimento del figlio, non si può ritenere raggiunta se il giovane ha ottenuto solo un contratto di apprendistato.
La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna nuovamente l’Italia per violazione dell’art. 8 CEDU.
Con la sentenza del 4 maggio 2017, relativa al caso Improta c. Italia, la prima sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano per aver violato l’art. 8 CEDU, che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
La vicenda è stata portata all’attenzione della Corte di Strasburgo con il ricorso presentato dal Sig. Improta che lamentava l’incapacità dello Stato italiano di salvaguardare il proprio diritto di visita nei confronti della figlia e, per l’effetto, di tutelare il diritto di quest’ultima ad avere un rapporto pieno ed effettivo con entrambi i genitori.
Invero, poco dopo la nascita della figlia, avvenuta il 25 marzo 2010, il Sig. Improta interrompeva la relazione affettiva intercorsa con la madre della bambina, la quale – cambiando la serratura della dimora familiare – imponeva al ricorrente stringenti modalità di visita, consentendo allo stesso di vedere la propria figlia una sola volta alla settimana, per mezz’ora ed esclusivamente in sua presenza.
Pertanto, nel novembre 2010, il Sig. Improta presentava ricorso d’urgenza alle competenti autorità nazionali per ottenere l’affidamento congiunto della figlia e modalità di visita ispirate al principio della bigenitorialità, nel rispetto dell’interesse preminente del minore.
A seguito dell’espletamento della perizia tecnica disposta dal giudice al fine di valutare la capacità genitoriale di entrambi, il giudizio di primo grado si concludeva con la sentenza del 2 luglio 2013, che disponeva l’affido condiviso con collocazione prevalente presso la madre e regolamentava le modalità di visita, benché in maniera ancora inadeguata.
Al fine di vedere maggiormente garantito il proprio diritto di visita nei confronti della bambina, il Sig. Improta impugnava la richiamata sentenza, che tuttavia veniva confermata in appello il 19 marzo 2014.
Nonostante la pendenza del procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, il ricorrente adiva la Corte europea assumendo che, a causa dell’inefficienza e dei ritardi del sistema giudiziario nazionale, lo Stato italiano aveva commesso un’illegittima ingerenza nella propria vita privata e familiare, nella misura in cui non era stato in grado di consentirgli di esercitare pienamente il proprio diritto di visita nei primi anni di vita della bambina, privandolo così di momenti irripetibili e ostacolando, altresì, l’instaurazione del legame padre-figlia.
La Corte europea ha ritenuto fondato il ricorso presentato dal Sig. Improta, riconoscendo la violazione dell’art. 8 CEDU da parte dello Stato italiano, condannato al pagamento in favore dell’istante di € 3.000,00 a titolo di danno morale, nonché € 12.000,00 per le spese legali.
L’avv. Prof. Lana partecipa al convegno “I diritti umani e la loro tutela in Europa e nel Mondo”, Messina, 5 - 6 maggio 2017.
L’Avv. Prof. Anton Giulio Lana è intervenuto al convegno “I diritti umani e la loro tutela in Europa e nel Mondo”, organizzato dall’Unione giuristi cattolici italiani (UGCI) di Messina e tenutosi presso l’Aula Magna della Corte d’Appello di Messina nelle giornate del 5 e 6 maggio 2017.
L’Avv. Prof. Lana ha svolto una relazione nel pomeriggio del 5 maggio in materia di condizioni di ricevibilità dei ricorsi individuali ai sensi dell’art. 35 CEDU, soffermandosi in particolare sulle problematiche di ordine tecnico connesse alla redazione del formulario di ricorso.
Al convegno, sono intervenuti, tra gli altri, l’Avv. Francesco Caia, Consigliere del Consiglio Nazionale Forense (CNF) e Coordinatore della Commissione diritti umani e rapporti con il mediterraneo del CNF, il Prof. Mauro Politi, ordinario di diritto internazionale nell’Università di Trento e componente del Comitato ONU per i diritti umani e la Prof.ssa Lina Panella, ordinario di diritto internazionale nell’Università di Messima.
Convegno internazionale “La violenza contro le donne nel web e offline: prevenzione e contrasto”, Roma, 26 maggio 2017.
In data 26 maggio 2017 – dalle ore 14,30 alle ore 18,00 – presso l’Aula Nuova dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, si terrà il convegno internazionale “La violenza contro le donne nel web e offline: prevenzione e contrasto”, organizzato dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani (UFTDU), in collaborazione con l’Institut des droits de l’homme des avocats européens (IDHAE). L’iniziativa, patrocinata dalla Camera dei Deputati e dal Consiglio Nazionale Forense, si inscrive nel quadro degli incontri dei giurati del Premio Ludovic Trarieux, che quest’anno si svolgeranno a Roma per la selezione del candidato al Premio del 2017. In apertura all’evento, porteranno un indirizzo di saluti la Presidente della Camera dei Deputati, On. Laura Boldrini, il Ministro della Giustizia, On. Andrea Orlando, il Presidente del CNF, Avv. Andrea Mascherin, il Presidente dell’IDHAE, Avv. Bertrand Favreau e il Presidente dell’UFTDU, Avv. Prof. Anton Giulio Lana.
Al tavolo dei relatori, moderati dalla giornalista Claudia Marchionni, interverranno il Presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, Sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Roma, dott. Eugenio Albamonte, la Presidente della I sezione del Tribunale di Roma, dott.ssa Franca Mangano, la Vice Presidente dell’Ordine degli avvocati di Parigi, Avv. Dominique Attias, l’Avv. Roxane Sheybani dell’Ordine degli avvocati di Ginevra, e la Presidente dell’Association of Women Barristers, Avv. Neelam Sarkaria. Chiuderà i lavori con una relazione conclusiva l’Avv. Prof. Anton Giulio Lana, Presidente dell’UFTDU.
Ai partecipanti verranno attribuiti, rispettivamente, 3 crediti formativi da parte del Consiglio Nazionale Forense o 4 crediti formativi dal Consiglio Ordine dei Giornalisti.
L’accesso alla Sala – con abbigliamento consono e, per gli uomini, obbligo di giacca e cravatta – è consentito previa registrazione presso la Segreteria organizzativa UFTDU Per maggiori informazioni, si prega di contattare la segreteria al seguente indirizzo: [email protected].