In memoria di Mario Lana
IL GIORNO 21 DICEMBRE 2015 CI HA LASCIATI MARIO LANA, FONDATORE STORICO DELLO STUDIO ASSOCIATO LANA LAGOSTENA BASSI, NONCHÉ DELL’UNIONE FORENSE PER LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI.
HA PROFUSO IL SUO IMPEGNO PROFESSIONALE E UMANO, A BENEFICIO DELLE SUE ‘CREATURE’, FINO ALL’ULTIMO, SEMPRE PROLIFICO DI IDEE E PROGETTI PER I QUALI INTENDEVA ESSERE PROTAGONISTA ATTIVO, NONOSTANTE LE FORZE FISICHE ANDASSERO PROGRESSIVAMENTE ESAURENDOSI.
INNAMORATO DEI DIRITTI UMANI, DELLA TUTELA DEI DEBOLI E DEI DIMENTICATI, ATTENTO, ACUTO E CRITICO OSSERVATORE E INTERPRETE DELLA POLITICA INTERNAZIONALE, AVEVA UN BAGAGLIO DI CONOSCENZE E DI ESPERIENZE TALI DA CONSENTIRGLI DI INTUIRE IN ANTICIPO I CAMBIAMENTI DEL MONDO, COSÌ COME, DI RECENTE, LA DERIVA INTEGRALISTA CONSEGUENTE ALLA CRISI DEI REGIMI AUTORITARI IN NORD AFRICA E IN MEDIO ORIENTE.
AL SUO INSTANCABILE E DETERMINATO SPIRITO DI INIZIATIVA SI DEBBONO GRANDI LOTTE SOCIALI: DAGLI ANNI PASSATI A FIANCO DI LELIO BASSO NELLE BATTAGLIE A FAVORE DEI POPOLI IN VIA DI SVILUPPO FINO ALLE CONTROVERSIE CHE CI VEDONO IMPEGNATI ANCORA OGGI, COME QUELLA A TUTELA DEI DANNEGGIATI DAL ‘SANGUE INFETTO’. IN QUESTO SPECIFICO SETTORE, SOTTO IL PROFILO GIURIDICO – PROFESSIONALE, HA COINVOLTO OPERATORI DEL DIRITTO SU SCALA NAZIONALE, CREANDO UNO SPECIFICO FILONE SCIENTIFICO E GIURISPRUDENZIALE.
IMPEGNO, ENTUSIASMO, DETERMINAZIONE, LIBERTÀ, FANTASIA E CREATIVITA’. QUESTI I SOSTANTIVI CHE RAPPRESENTANO IL SUO PROGRAMMA DI VITA; IL SUO ‘CREDO’ DI UOMO E DI PROFESSIONISTA.
UN PROGRAMMA CHE SIAMO CHIAMATI AL DIFFICILE COMPITO DI TENER VIVO IN SUO NOME, AFFINCHÉ IL SUO INSEGNAMENTO E IL SUO ESEMPIO PROSEGUA NELLA NOSTRA AZIONE.
Banca Etruria: azioni ed obbligazioni usate per il salvataggio. Lo Studio Lana Lagostena Bassi agisce per ottenere l’integrale restituzione delle somme investite.
Il piano di salvataggio varato dal Governo lo scorso 22 novembre con un decreto apposito ha, come noto, portato alla creazione di una nuova Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio risanata e pronta ad essere acquistata da altri istituti. Qui sono confluiti i conti correnti, i conti di deposito e le obbligazioni ordinarie dei risparmiatori di Banca Etruria, CariChieti, Cassa di Risparmio di Ferrara e Banca Marche, ormai in crisi. I crediti deteriorati, le azioni e le obbligazioni subordinate legate alle ‘vecchie’ banche sono invece confluiti in una bad bank.
Di fatto, per il salvataggio di Banca Etruria, a rimetterci sono stati parecchi piccoli risparmiatori. A pagare, infatti, sono stati gli azionisti e gli obbligazionisti titolari di subordinate che sappiamo essere famiglie, operai e piccole aziende che avevano nel tempo creato il loro tesoretto nella banca del territorio pensando che fosse al sicuro. Non si è trattato certo di speculatori, ma di semplici risparmiatori, che hanno dovuto attendere l’ufficialità delle cose per avere la certezza che avessero perso i propri soldi.
Proprio per tale motivo, in questi giorni lo Studio Lana Lagostena Bassi – anche alla luce della ultraventennale esperienza maturata nelle azioni collettive relative al risarcimento dei danni da omessa sorveglianza sulla distribuzione del sangue e dei sui derivati – sta valutando la possibilità di intraprendere le azioni legali più efficaci, a livello interno e sovranazionale, al fine di tutelare le posizioni di coloro che sono stati danneggiati da tale provvedimento e, comunque, nell’ottica di un rimborso integrale a tutti gli investitori degli importi illegittimamente utilizzati nella complessa operazione di ‘salvataggio’ degli istituto di credito sopra richiamati.
Chiunque fosse interessato ad intraprendere l’azione giudiziaria può mettersi in contatto con lo Studio al fine di valutare, caso per caso, l’opportunità di un’adesione. Ovviamente consigliamo di reperire tutta la documentazione ed i contratti forniti dall’istituto bancario.
Ricorsi in Cassazione chiari e sintetici: il Consiglio Nazionale Forense e la Suprema Corte stipulano dei protocolli.
Il 17 dicembre scorso il Primo Presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, e il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, hanno stipulato due protocolli – uno per la materia civile e tributaria e uno per la materia penale – con l’obiettivo di favorire la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali e di formulare raccomandazioni per la redazione dei ricorsi funzionale a facilitarne la lettura e la comprensione da un lato e a dare maggiori certezze agli avvocati circa i criteri di autosufficienza e quindi di ammissibilità degli stessi dall’altro.
Ai protocolli hanno lavorato due gruppi di lavoro, formati da consiglieri di cassazione e consiglieri Consiglio Nazionale Forense.
Le raccomandazioni – condivise dalle due Istituzioni – collegano alla sinteticità e chiarezza degli atti difensivi una effettiva comprensione del loro contenuto essenziale, con effetti positivi sulla chiarezza e celerità della decisione; inoltre, definiscono i precisi limiti del principio di autosufficienza, alla luce di effettivi e concreti dati normativi.
Nei Protocolli viene indicato uno schema redazionale dei ricorsi, che ne definisce i limiti di contenuto e ne agevola l’immediata comprensione da parte del giudicante. Sono inoltre fornite alcune indicazioni per l’attività di difesa, l’osservanza delle quali ottempera al principio di autosufficienza.
L’auspicio comune è che ora le professionalità della Magistratura e della Avvocatura sappiano ottimizzare ed interpretare al meglio l’esito dei lavori.
Chi fosse interessato può scaricare il testo dei rispettivi protocolli cliccando QUI
La Corte d’Appello di Milano riconosce la stepchild adoption ad una coppia omosessuale.
La Corte d’Appello di Milano, con una sentenza destinata a fare giurisprudenza, ha disposto la trascrizione dell’adozione piena e legittima di una bambina di 12 anni da parte della compagna della madre biologica.
Le due donne, entrambe italiane, si erano sposate in Spagna, dove l’una aveva in seguito adottato la figlia dell’altra, ottenuta attraverso una fecondazione eterologa. A seguito del divorzio delle due, avvenuto due anni fa nella penisola iberica, la donna adottante si è rivolta al Tribunale per i Minorenni di Milano chiedendo il riconoscimento agli effetti civili interni dell’ordinanza di adozione spagnola della figlia. I giudici hanno respinto l’istanza nel 2014. Da qui il ricorso in appello.
Il collegio della sezione Minori e Famiglia della Corte d’Appello ha specificato nelle motivazioni che la bambina “è stata adeguatamente amata, curata, mantenuta, educata ed istruita da entrambe le donne che hanno realizzato l’originario progetto di genitorialità condivisa, nell’ambito di una famiglia fondata sulla comunione materiale e spirituale di due persone di sesso femminile” e che dunque la «adozione piena» corrisponde al suo interesse.
I giudici di secondo grado hanno richiamato la legge italiana sulle adozioni, che all’art. 25 prevede che l’adozione possa essere disposta, nell’esclusivo interesse del minore, nei confronti anche del solo coniuge che, per libera scelta, abbia deciso di porre fine alla convivenza coniugale e di separarsi. Hanno pertanto affermato, riferendosi anche alla normativa europea, che non è “contrario all’ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello stesso sesso”. E ciò perché, in primo luogo, va valutato “l’interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare”. Il Collegio ha inoltre citato la giurisprudenza di merito che ha affermato che l’art. 44, lettera d) consente l’adozione, sia pure con effetti non legittimanti, non solo in ipotesi di impossibilità di affidamento preadottivo ‘di fatto’, ma anche in caso di ‘un’impossibilità di diritto’, (Tribunale per i minorenni di Milano, sentenza n. 626/2007; Tribunale per i minorenni di Roma sentenze n. 299/2014 e n. 291/2015; Corte d’Appello di Firenze, sentenza n. 1274/2012).
Ha quindi rilevato che “ogni situazione deve essere valutata singolarmente, tenuto conto del preminente interesse del minore rispetto alle figure genitoriali e al suo diritto di convivere e/o mantenere regolari rapporti significativi con tutte le figure adulte di riferimento, indipendentemente dalle loro tendenze sessuali, ritenute in concreto adeguate ad assicurargli l’affetto e la cura indispensabili per la sua armoniosa crescita”. Alla stregua del principio, già in precedenza riconosciuto dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 601/2013 – nella quale la Suprema Corte ha affermato come costituisca ‘mero pregiudizio’ ritenere che “sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale” – la Corte afferma dunque, con una sentenza innovatrice, la piena conformità nel caso di specie dell’adozione legittimante all’interesse della minore interessata.
Sono state infine respinte le altre domande presentate dalla donna, relative al riconoscimento e alla trascrizione dell’atto di matrimonio contratto in Spagna e della sentenza di divorzio, e la domanda di trascrizione dell’accordo regolatore del divorzio. Il collegio, tuttavia, dichiarando l’efficacia dell’ordinanza spagnola sull’adozione, ha ordinato la trascrizione anche in Italia dell’atto, e di conseguenza, ha riconosciuto come valido in Italia anche ‘l’accordo regolatore’ riguardante “le condizioni relative alla responsabilità genitoriale nei confronti della figlia”.
La Commissione europea avvia una nuova procedura di infrazione contro l’Italia.
Nella giornata di giovedì 10 dicembre 2015 la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia in materia di asilo. Con una lettera di costituzione in mora – il primo step della procedura di infrazione – Bruxelles esorta l’Italia, la Grecia e la Croazia ad attuare correttamente il regolamento Eurodac (regolamento (UE) n. 603/2013) che prevede la raccolta delle impronte digitali dei richiedenti asilo e l’immediata trasmissione dei dati ad una banca dati centrale.
Secondo la Commissione, l’effettiva attuazione del regolamento Eurodac è essenziale per il funzionamento del sistema di Dublino e degli schemi di trasferimento dell’UE. La Commissione aveva già inviato lettere amministrative a Italia, Grecia e Croazia nel mese di ottobre. Due mesi più tardi, avendo ritenuto che le problematiche in questione non fossero state affrontate in modo efficace, ha deciso di avviare le procedure di infrazione tramite l’invio di una lettera di costituzione in mora ai tre paesi.
Il sistema Eurodac è stato istituito nel 2003, si tratta di una banca dati delle impronte digitali dei richiedenti asilo nell’UE. Ogniqualvolta qualcuno presenti una domanda di asilo o venga fermato nell’atto di attraversare una frontiera esterna irregolarmente da un paese terzo, le sue impronte digitali vengono registrate e trasmesse al sistema centrale Eurodac. Confrontando le impronte, attraverso il sistema, ogni paese dell’UE può verificare se un richiedente asilo o un cittadino straniero, che si trovi illegalmente sul suo territorio, abbia già presentato una domanda in un altro paese dell’UE o se un richiedente asilo sia entrato irregolarmente nel territorio dell’Unione. A seguito di modifiche al regolamento, dal 20 luglio 2015, i dati vengono trasmessi entro 72 ore al sistema centrale, in risposta alle preoccupazioni relative alla protezione dei dati e ai fenomeni del terrorismo e della criminalità transnazionale.
Dopo aver ricevuto la lettera di cui sopra, lo Stato membro ha due mesi per replicare o in mancanza, notificare alla Commissione le misure nazionali di recepimento del regolamento in questione. In assenza di risposte soddisfacenti o di notifica delle misure nazionali, la Commissione europea può decidere di inviare un parere motivato – seconda fase della procedura – con cui opera una formale diffida ad adempiere nei confronti dello Stato sottoposto alla procedura. Qualora lo Stato non notifichi entro i successivi due mesi le misure adottate per garantire la piena attuazione del regolamento, la Commissione è legittimata a proporre ricorso per inadempimento alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Nei casi in cui non vi sia alcuna comunicazione di provvedimenti nazionali di attuazione, la Commissione può proporre alla Corte di giustizia l’imposizione di sanzioni finanziarie allo Stato inadempiente.
Tale procedura si aggiunge alle due procedure di infrazione alle quali l’Italia è stata già sottoposta nel 2015: per il ritardo e mancato recepimento delle direttive che impongono il risconoscimento delle coppie omosessuali, e per la Direttiva 2011/92/UE in materia di abuso e sfruttamento dei minori, e pornografia minorile.
Tribunale di Milano: il diritto all’anonimato della madre prevale sul diritto al mantenimento del figlio.
Non c’è nulla da fare per il figlio che chieda di conoscere il nome della propria madre quando questa, all’atto del parto in ospedale, ha chiesto di rimanere anonima, abbandonando il neonato: pertanto è inammissibile la dichiarazione giudiziale di maternità nei confronti di una donna che, al momento del parto, ha imposto il segreto sulle proprie generalità. È quanto chiarito dal Tribunale di Milano nella recente sentenza del 14 ottobre 2015 n. 11475: secondo i giudici del capoluogo lombardo, la volontà della madre di rimanere anonima deve prevalere sull’interesse del figlio a conoscere le proprie origini e la propria identità biologica.
Nella fattispecie esaminata dal giudice, una ragazza, ormai maggiorenne, rimasta orfana di padre e priva di ogni sostegno morale ed economico, aveva presentato ricorso affinché venisse dichiarata quale figlia naturale di colei che al momento del parto non aveva voluto riconoscerla e, di conseguenza, chiedeva l’accertamento del diritto al mantenimento. La giovane dimostrava di essere nata da una relazione extraconiugale producendo, a sostegno della propria domanda, l’atto di nascita e la copia della cartella clinica.
La convenuta deduceva che la cartella clinica prodotta dall’attrice attestava solo che in quella data aveva dato alla luce un neonato di cui aveva espressamente dichiarato di non voler essere nominata madre, senza tuttavia che risultasse alcuna indicazione del nominativo del neonato né alcun riferimento specifico alla ricorrente.
La presunta madre, comunque, si difendeva anche sostenendo l’inammissibilità della dichiarazione giudiziale di maternità nei confronti di una donna che al momento del parto ha dichiarato di non voler essere nominata: lo scopo della normativa, infatti, è quello di salvaguardare la famiglia legittima e l’onore della madre, ma anche di impedire che, onde evitare nascite indesiderate, si possa fare ricorso ad aborti o infanticidi.
Secondo il tribunale di Milano, le varie riforme del diritto di famiglia non hanno cancellato il diritto all’oblio che può invocare la madre all’atto del parto. Quest’ultima, quindi, è libera di chiedere di rimanere anonima: tale diritto deve prevalere sull’interesse del figlio a conoscere le proprie origini. In altri termini: diritto alla conoscenza delle origini sì, ma se la madre consente.
Commemorazione per l’Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani presso la Casa Argentina.
In occasione dell’Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’Avv. Anton Giulio Lana ha partecipato all’evento di commemorazione del 10 dicembre 2015 organizzato dall’Ambasciata della Repubblica Argentina in Italia.
L’evento si è tenuto a Roma, presso la Casa Argentina in via Veneto 7. Nel corso dell’incontro, si è tenuta la proiezione del film argentino “Cordero de dios” in versione originale e di vari cortometraggi.
Oltre all’Avv. Anton Giulio Lana, sono intervenuti all’evento il Consigliere Sebastián Rosales, Responsabile Sezione Diritti Umani Ambasciata Argentina, il Senatore Sergio Lo Giudice della Commissione Giustizia e Diritti Umani del Senato.