D.A. e altri contro Italia: la sentenza della Corte Europea sui contagiati da sangue infetto.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha rigettato il ricorso S.A. e altri c. Italia, con una sentenza profondamente errata e ingiusta.
La Corte di Strasburgo ha infatti ritenuto che la proposta dei 100.000 €, formulata con la legge n. 114/2014 (all’art. 27-bis, cosiddetto “salva esclusi”), sia adeguata a risarcire i danneggiati da sangue infetto. In questo modo, la Corte europea è arrivata al paradosso di obbligare i danneggiati da sangue infetto (esclusi dalla transazione del 2007) ad accettare la proposta contenuta nella legge del 2014, senza alcuna possibilità di contestarne l’importo.
La sentenza, tra l’altro, sembra intendere in modo non chiaro che le somme di circa 20.000 €, riconosciute ad alcuni dei ricorrenti, andranno compensate e scomputate dalla somma di 100.000 € che il Ministero offre, come previsto dalla legge “salva esclusi”.
La Corte ha lasciato un unico spiraglio, assicurando che qualora il governo non dovesse adempiere all’obbligo di pagare la somma forfettaria di 100.000€ entro la scadenza prevista al 31 dicembre 2017, i ricorrenti potranno comunque tornare dinnanzi ai giudici di Strasburgo per lamentare la violazione dei loro diritti.
Va comunque rappresentato che la sentenza contiene una parte positiva concernente la situazione di quei ricorrenti che avevano già avuto dai giudici nazionali una sentenza di condanna al risarcimento del danno subito e che pur tuttavia non sono ancora stati pagati dal Ministero della Salute.
La sentenza conferma il principio secondo cui il riconoscimento giudiziario di un diritto sarebbe illusorio se l’ordinamento interno permettesse che una decisione esecutiva rimanesse poi priva di effetti a scapito dell’avente diritto. In conseguenza, la Corte ha riconosciuto la violazione degli artt. 6 e 13 CEDU, nonché dell’art. 1, Prot. n. 1 alla CEDU e condannato l’Italia a pagare gli importi già riconosciuti nelle sentenze interne, liquidando altresì ai ricorrenti 10.000 € per il danno morale subito, oltre che le spese di lite interne e per la procedura dinanzi alla Corte europea stessa.
Un importante principio, questo, che faremo valere nei giudizi interni di esecuzione e di ottemperanza delle sentenze positiva ottenute dal nostro studio in favore dei tanti nostri assistiti.
Risarcimento danni per contagio da sangue infetto: ancora una condanna per il Ministero della Salute al pagamento di oltre 179.598,00 € (Corte d’Appello di Roma, sentenza n. 161/2016).
Lo Studio Lana Lagostena Bassi ha il piacere di segnalare l’ennesima sentenza positiva ottenuta in materia di sangue infetto.
La decisione della Corte d’Appello di Roma dello scorso 13 gennaio ha riformato al sentenza di primo grado, che aveva erroneamente escluso la responsabilità del Ministero convenuto, ritenendo che all’epoca dei fatti la scienza medica non disponesse delle conoscenze necessarie per monitorare il virus contratto. Invero, tale orientamento era stato superato già dalla nota sentenza n. 581/2008 della Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha affermato che già a partire dai primi anni ’70 era noto il rischio di contagio di malattie lungo latenti attraverso la somministrazione di sangue e/o emoderivati.
La Corte ha, dunque, affermato la responsabilità del Ministero della Salute per aver omesso di ottemperare ai propri obblighi di farmacovigilanza ed ha condannato l’Amministrazione a risarcire la vittima, quantificando il danno subito in oltre 179.598,00 €.
Processo penale per le vittime del sangue infetto: dopo la scomparsa di Guelfo Marcucci il processo riprende solo per Duilio Poggiolini.
Il prossimo 15 febbraio si terrà innanzi al Tribunale penale di Napoli una nuova udienza del processo per lo scandalo del sangue infetto.
In considerazione della scomparsa dell’imputato Guelfo Marcucci, amministratore e manager dell’omonima azienda farmaceutica italiana di prodotti emoderivati, avvenuta il 12 dicembre scorso, il giudizio proseguirà unicamente nei confronti di Duilio Poggiolini, ex direttore generale del Servizio farmaceutico della Sanità.
Lo Studio legale Lana Lagostena Bassi continua a seguire con costanza quest’annosa vicenda che ha segnato irrimediabilmente le vite dei tanti assistiti che, a causa del comportamento colposo dello stato italiano, hanno subito gravi danni alla salute loro e dei propri cari.
Corte europea dei diritti dell’uomo: legittimo il controllo sulle e-mail del dipendente se giustificato da valide motivazioni.
Lo scorso 12 gennaio, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso il caso Barbulescu v. Romania, affermando che il controllo della corrispondenza email di un dipendente da parte del datore di lavoro non rappresenta una violazione della tutela della privacy e della corrispondenza privata, sancita all’articolo 8 della Convenzione.
Il caso in esame riguarda un giovane ingegnere rumeno impiegato presso un’azienda di sistemi di riscaldamento, licenziato nel 2008 per avere indebitamente utilizzato la propria casella di posta aziendale a scopo personale.
I giudici interni avevano affermavato la legittimità del licenziamento e sottolineato come la possibilità di monitorare le attività dei dipendenti ricadesse all’interno delle prerogative della direzione aziendale, benché nei limiti del controllo dell’effettiva attività professionale svolta.
A fronte di tali pronunce sul piano nazionale, il ricorrente chiedeva alla Corte europea di pronunciarsi sulla sua presunta “aspettativa di privacy” nell’utilizzo della mail aziendale per scopi strettamente personali e se tale diritto alla riservatezza fosse stato violato dall’ex-datore di lavoro.
I giudici di Strasburgo hanno affermato che lo scambio di email può essere soggetto a specifici regimi di monitoraggio sull’utilizzo di internet cui i dipendenti vengono abitualmente sottoposti sul luogo di lavoro.
Inoltre, la Corte ha sottolineato come le prassi di lecita sorveglianza del luogo di lavoro e dei lavoratori devono dimostrarsi in linea con rigidi parametri di rispetto della sfera privata delle persone in particolare attraverso quattro criteri fondamentali: trasparenza, necessità, equità e proporzionalità. Pertanto, nel rispetto di tali parametri e della normativa vigente, non potrebbe ritenersi illegittima l’applicazione di misure tese ad un controllo del dipendente.
Anche alla luce delle valutazioni dei tribunali nazionali, i giudici di Strasburgo hanno concluso per la legittimità delle modalità di sorveglianza poste in essere dal datore, ritenendole necessarie e proporzionate, poiché meramente funzionali al controllo del livello di produttività del proprio dipendente nell’utilizzo degli strumenti di lavoro aziendali per scopi diversi da quelli stabiliti.
Legge di stabilità 2016: come funziona il fondo a tutela dell’ex coniuge in stato di bisogno.
Ai sensi dell’art. 1 commi 414, 415 e 416 della legge di stabilità 2016 – recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, pubblicata in G.U. del 30 dicembre 2015, n. 302 – è stato istituito il Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno.
L’istituto, introdotto dal Legislatore in via sperimentale, prevede una dotazione di 250.000 € per l’anno 2016 e di 500.000 € per l’anno 2017. Tali risorse, affidate alla gestione del Ministero della giustizia, sono destinate al coniuge in stato di bisogno che non riceve l’assegno di mantenimento per l’inadempimento dell’altro coniuge obbligato ex art. 156 c.c., sul quale lo Stato si rivale per il recupero delle somme erogate.
Il procedimento, esente dal pagamento del contributo unificato, si instaura con istanza dell’interessato da depositare presso la cancelleria del Tribunale del luogo di residenza, per l’anticipazione di una somma non superiore all’importo dell’assegno medesimo.
Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, ritenuti sussistenti i presupposti (coniuge in stato di bisogno che non è in grado di provvedere al mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi, che non ha ricevuto l’assegno di mantenimento per inadempienza del coniuge obbligato), assumendo, ove occorra, informazioni, nei trenta giorni successivi al deposito dell’istanza, valuta l’ammissibilità dell’istanza e la trasmette al Ministero della giustizia ai fini della corresponsione della somma dovuta a titolo di mantenimento.
Successivamente il Ministero della giustizia si rivale sul coniuge, obbligato a corrispondere il mantenimento ed inadempiente, per il recupero delle risorse erogate.
Al contrario, il rigetto dell’istanza per insussistenza dei presupposti è emesso con decreto non impugnabile. Il procedimento non è soggetto al pagamento del contributo unificato.
Entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di stabilità 2016, il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, dovrà adottare un decreto per stabilire le disposizioni necessarie all’attuazione ed l’individuare i tribunali presso i quali avviare la sperimentazione, nonché le modalità per la corresponsione delle somme e per la riassegnazione al Fondo delle somme recuperate.
Corso di specializzazione e approfondimento sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: moduli monotematici.
A partire dal prossimo 8 aprile, presso la Sala Seminari della Cassa Nazionale Forense, si terrà la seconda edizione del “Corso di specializzazione sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”, organizzato dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani (UFTDU) con il patrocinio del Consiglio d’Europa di Venezia, che si articolerà in sei distinti moduli tematici della durata di sei ore ciascuno.
Il corso è volto all’approfondimento tematico della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), la quale è venuta assumendo negli anni un ruolo sempre più significativo nel contesto di 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa, soprattutto in ragione dell’effettività della tutela dei diritti fondamentali apprestata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, organo giurisdizionale permanente con sede a Strasburgo, che vigila sul rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi previsti dalla CEDU. È destinato ad avvocati, magistrati, praticanti avvocati, laureandi in giurisprudenza, operatori del diritto, rappresentanti delle ONG specializzate nel settore dei diritti umani, funzionari della pubblica amministrazione e, in generale, a tutti coloro che intendano conseguire una specializzazione nelle materie della CEDU. Le lezioni successive si terranno nei seguenti venerdì sino al 13 maggio e prevedranno un massimo di 80 partecipanti.
Per maggiori informazioni, è possibile contattare il seguente indirizzo e-mail: [email protected]
Corso di formazione “La tutela dei Diritti umani presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”.
L’Avv. Anton Giulio Lana parteciperà come relatore al corso di formazione “La tutela dei Diritti umani presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”, che si terrà a Venezia da venerdì 18 marzo a domenica 20 marzo 2016 (dalle ore 09:30 alle ore 18:00). Il corso – organizzato dall’E.I.U.C. (European Inter University Centre for Human Rights and Democratisation) – ha l’obiettivo di formare Avvocati, giudici ed operatori del diritto interessati ad approfondire i meccanismi di protezione dei diritti fondamentali previsti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), con particolare riferimento alla procedura di ricorso individuale presso la Corte di Strasburgo.
L’intervento dell’Avv. Anton Giulio Lana si svolgerà nella mattinata di sabato 19 marzo p.v. ed avrà oggetto una panoramica sui diritti sostanziali tutelati dalla CEDU o sulla giurisprudenza CEDU concernente l’Italia.
Tra gli altri relatori, Florence Benoît-Rohmer, Professoressa di diritto internazionale presso l’Università di Strasburgo e Segretario Generale EIUC dal 2009 al 2015, e Vladimiro Zagrebelsky, Giudice Italiano presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dal 2001 al 2010. Contribuiranno al corso anche gli esperti Roberto Chenal e Andrea Tamietti.
Il programma e le modalità di iscrizione saranno presto disponibili sul nostro sito.