Corte europea: il diniego del mutamento del nome viola l’identità sessuale dell’individuo, anche quando la richiesta sia effettuata prima della conclusione del percorso di transizione sessuale.
In data 11 ottobre 2018, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto una violazione dell’articolo 8 della CEDU (che garantisce il diritto al rispetto della CEDU) da parte dell’Italia in un caso che coinvolge una donna transessuale di nome S.V.
Il ricorso originava dal rigetto da parte del prefetto di Roma della domanda presentata da S.V. volta ad ottenere il mutamento del suo nome, da “L.” a “S.”. Il prefetto infatti riteneva necessaria una pronuncia giurisdizionale che attestasse il proficuo completamento da parte della ricorrente del processo chirurgico di transizione sessuale, già autorizzato dal tribunale di Roma in data 10 maggio 2001 ed effettivamente cominciato solamente in data 3 febbraio 2003. In data 10 ottobre 2003, al termine di tale processo, il tribunale di Roma ordinava il cambio del nome di S.V. da maschile a femminile. La Corte di Strasburgo ha riconosciuto che a causa del periodo di attesa di due anni e mezzo dal rifiuto del prefetto all’effettivo cambio del nome, S.V. ha ingiustamente sofferto sentimenti di ansia, insicurezza e vulnerabilità, in violazione del suo diritto al rispetto della vita privata.
La Corte ribadisce in primo luogo la nozione ampia di vita privata di cui all’art. 8 CEDU, la quale si basa sul diritto dell’individuo all’autodeterminazione e di cui la libertà di definire l’appartenenza ad un genere sessuale ne rappresenta uno degli elementi più essenziali.
Al fine di determinare se l’interferenza italiana costituisca una violazione dell’articolo 8, la Corte EDU ha valutato se l’Italia avesse condotto un corretto bilanciamento tra le contrapposte esigenze: quelle pubblicistiche di certezza nello stabilire l’identità legale e quelle private alla realizzazione della propria identità. A tal fine la Corte ha ricordato che gli Stati membri del Consiglio d’Europa hanno un ampio margine di apprezzamento nello stabilire le regole riguardanti lo status civile di una persona, ma che tuttavia questo margine si riduce qualora siano coinvolti aspetti strettamente intimi, quali l’identità sessuale.
E dunque, l’analisi della Corte si è limitata a valutare se il ritardo nel riconoscimento del nome costituisca un uso proporzionato da parte dell’Italia del suo margine di apprezzamento. La conclusione della Corte è a tal riguardo negativa, alla luce delle circostanze concrete del caso. Invero, nel caso di specie, le autorità italiane hanno omesso di considerare che S.V. aveva già da anni intrapreso un percorso di transizione sessuale sociale e fisico, di modo che la sua identità sociale risultava già femminile da molto tempo. Ne è conseguito che non vi erano ragioni di interesse generale a giustificazione del ritardo di due anni e mezzo nell’adeguare il nome con l’identità sessuale – già femminile prima ancora dell’espletamento delle operazioni chirurgiche. Posto che tale incertezza ha causato nella ricorrente sentimenti di paura, turbamento e vulnerabilità, la Corte ha dunque concluso per la violazione dell’articolo 8 CEDU, nella misura in cui le autorità italiane hanno fallito nell’adempimento delle obbligazioni positive volte al rispetto effettivo della vita privata della ricorrente.
Scuola di alta formazione specialistica dell’avvocato internazionalista: pubblicazione del bando e inizio delle lezioni.
È stato pubblicato il Bando della I edizione del corso organizzato della Scuola di Alta formazione specialistica dell’Avvocato internazionalista, istituita dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani, che ha stipulato apposite convenzioni con la Scuola Superiore dell’Avvocatura e con primarie Università pubbliche italiane.
La Scuola ha carattere nazionale e due sedi principali (Roma e Milano), oltre che delle sedi secondarie a Trento, Udine, Genova, Firenze, Ancona, Perugia, Bari, Messina, Palermo e altre eventuali che saranno attivate al raggiungimento di un minimo di 10 iscritti, tutte collegate in videoconferenza con le sedi centrali e con la presenza di un tutor.
Le lezioni avranno inizio il 1° febbraio 2019, secondo il calendario e il programma che trovate qui. La durata dei corsi è biennale per un totale di circa 210 ore di formazione (come previsto dalla normativa nazionale).
L’iscrizione è aperta agli avvocati iscritti a uno degli albi degli ordini forensi italiani. Il numero massimo dei partecipanti per le sedi centrali è fissato ad 80 partecipanti e di 30 partecipanti per ogni sede secondaria che sarà attivata.
Il costo del corso è di 1.125,00 Euro oltre IVA per ciascun anno, rateizzato in 4 versamenti di Euro 686,25 ciascuno (comprensivi di IVA). Per il I anno, la prima rata va saldata entro i due giorni dalla conferma dell’ammissione; la seconda rata va saldata entro il 28 gennaio 2019. Sono previste altresì tre borse di studio a parziale copertura delle quote di iscrizione.
Trovate qui bando della Scuola e il modulo da compilare per la domanda di iscrizione, che andrà spedito al seguente indirizzo email: [email protected].
Il corso, che avrà un taglio nettamente pratico e professionalizzante, è stato suddiviso in sette macro-aree del diritto internazionale, sotto la guida di sette responsabili di area: dopo una introduzione sulle fonti del diritto internazionale e la loro applicazione (che sarà curata dal Prof. Paolo Palchetti), nel corso del primo anno si affronteranno le aree dei diritti umani (a cura del Prof. Andrea Saccucci), e del diritto del mare (a cura del Prof. Giuseppe Cataldi), per concludersi con una ampia disamina del diritto internazionale privato (curata dalla Prof.ssa Stefania Bariatti). Il secondo anno di lezioni, che avrà inizio nel gennaio 2020, prevede anzitutto l’analisi del diritto internazionale dell’economia e dell’arbitrato internazionale (la cui trattazione sarà curata dal Prof. Andrea Giardina e dalla Prof.ssa Maria Beatrice Deli), cui seguirà la trattazione del diritto internazionale delle migrazioni (da parte della Prof.ssa Favilli), delle tematiche degli spazi polari, aerei e cosmici e tutela internazionale dell’ambiente (a cura, rispettivamente del Prof. Sergio Marchisio e del Prof. Lorenzo Schiano di Pepe) e che si concluderà con l’approfondimento del diritto penale internazionale (a cura del Prof. Fausto Pocar).
Per maggiori informazioni, potete collegarvi al sito della Scuola.
La casa coniugale continua a rimanere assegnata alla madre affidataria della figlia maggiorenne ma studentessa fuori sede (Cass. Civ. ord. N. 25604 del 12 ottobre 2018).
Con questa interessante pronuncia la Cassazione conferma il principio per cui l’assegnazione della casa coniugale non rappresenta una componente delle obbligazioni patrimoniali conseguenti alla separazione o al divorzio o un modo per realizzare il mantenimento del coniuge più debole. Piuttosto, essa è volta a tutelare esclusivamente la prole ed il loro interesse a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per mantenere le abitudini di vita e le relazioni sociali che in tale habitat si radicano.
In applicazione di ciò, la Cassazione, rigettando la domanda del ricorrente, ha confermato la pronuncia della Corte d’Appello di Lecce che aveva mantenuto l’assegnazione della casa coniugale in capo alla moglie collocataria prevalente di una ragazza, maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, che frequentava l’università fuori sede ma che, di tanto in tanto, usava tornare a casa dalla madre.
Negoziazione assistita e dies a quo per proporre il divorzio breve (Trib. Torino, 1 ottobre 2018).
Il Tribunale di Torino, con una recente sentenza, ha chiarito un aspetto dibattuto nella recente giurisprudenza: in caso di negoziazione assistita tra coniugi che si siano separati, qualora gli stessi vogliano poi divorziare, il termine breve (di sei mesi) per adire il giudice da quando decorre?
Secondo una tesi (minoritaria, per vero), occorre far riferimento alla data di stipula dell’accordo stesso; ma ciò espone il giudice del divorzio a dover fare i conti con un provvedimento che non è stato autorizzato dal p.m. e che, quindi, non avrebbe la medesima efficacia di una sentenza di separazione.
Il Tribunale di Torino, con una condivisibile pronuncia, ha ritenuto di dover ancorare il momento a partire dal quale computare i sei mesi alla data di autorizzazione del P.M., la quale previene ogni incertezza su un punto delicato quale l’accertamento dello status personale.
Per cui, conclude il Tribunale, la soluzione stragiudiziale della negoziazione assistita è si equiparata in tutto e per tutto ai corrispondenti provvedimenti giudiziari – omologa della separazione consensuale o sentenza – ma tale equiparazione opera solo se trattasi di ‘accordo autorizzato’ dal P.M.
Corso di specializzazione sulla tutela dei diritti umani – XIX edizione.
L’Unione Forense per la tutela dei diritti umani organizza anche quest’anno il corso di specializzazione sulla “Tutela europea dei diritti umani”, giunto alla sua XIX edizione.
Il corso è un utile strumento di approfondimento e aggiornamento per operatori giuridici e studiosi della materia.
Tra gli strumenti internazionali a tutela dei diritti fondamentali vi sono, da un lato, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e, dall’altro, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, la prima è venuta assumendo negli anni un ruolo sempre più significativo nel contesto dei 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa, soprattutto in ragione dell’effettività della tutela dei diritti fondamentali apprestata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, organo giurisdizionale permanente con sede a Strasburgo, che vigila sul rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi previsti dalla CEDU.
Il corso è dedicato proprio allo studio del funzionamento di tale sistema, offrendo ai partecipanti la possibilità di approfondire, con il contributo di autorevoli esperti in materia, la giurisprudenza della Corte europea e l’impatto che questa ha nell’ordinamento italiano. Nell’ambito del corso saranno altresì esaminati i rapporti tra la Corte di Strasburgo e la Corte di Lussemburgo alla luce dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che ha attribuito valore giuridico vincolante alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Il corso si articolerà in una serie di sei incontri, della durata di tre ore ciascuno, che si terranno presso la Cassa Forense, in Roma, Via Ennio Quirino Visconti n. 6/8, i seguenti venerdì: 23 novembre 2018, 30 novembre 2018, 7 dicembre 2018, 14 dicembre 2018, 21 dicembre 2018 e 11 gennaio 2019.
Le iscrizioni al corso dovranno pervenire alla segreteria dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani (Sig.ra Gioia Silvagni), tel. 06 8412940, email: [email protected], tramite apposito modulo di iscrizione da compilare e inviare unitamente alla copia del bonifico (IBAN: IT49 B033 5901 6001 0000 0060 078) entro il 10 novembre 2018. È previsto un numero massimo di 80 partecipanti. Per la frequenza al corso è dovuto un contributo a titolo di rimborso delle spese organizzative pari a € 250,00 (IVA compresa).
Il corso ha ricevuto il Patrocinio del Consiglio d’Europa e del Consiglio Nazionale Forense.
Il Consiglio Nazionale Forense ha riconosciuto 18 crediti formativi (di cui 3 in materie obbligatorie) per i partecipanti al corso.
Trovate qui il programma del corso.