Trattamenti inumani e degradanti in carcere nei confronti di soggetti vulnerabili: la Corte europea condanna la Germania.
Con la sentenza del 1 settembre 2016, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accolto il ricorso di un cittadino tedesco, tossicodipendente di lunga data e portatore di HIV, a cui era stata indebitamente rifiutata la terapia di sostituzione agli oppiacei durante un periodo di detenzione per traffico di stupefacenti.
In particolare, con la sentenza Wenner c. Germania, la Corte EDU ha condannato il governo tedesco per violazione dell’art. 3 (che prescrive il divieto di trattamenti inumani e degradanti).
Il caso portato all’attenzione della Corte europea riguardava un cittadino tedesco, contro il quale era stata pronunciata una sentenza di condanna a 6 anni di detenzione, con l’obbligo di seguire una cura di disintossicazione. Sia durante il periodo in un centro di disintossicazione (durante il quale la sua dipendenza era stata trattata con un cura basata sull’astinenza), che durante il periodo di detenzione, la richiesta di un trattamento a base di un sostituto dell’eroina era stata rifiutata. Era stata rifiutata inoltre la richiesta di essere sottoposto alla visita di un medico esterno alla struttura penitenziaria al fine di ottenere un parere favorevole.
Il ricorrente invocava l’art. 3 CEDU sulla base del fatto che il rifiuto opposto dalle autorità interne gli avrebbe procurato un considerevole deterioramento dello stato di salute.
La Corte EDU ha innanzitutto rilevato che dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, 41 hanno istituito dei trattamenti sostitutivi agli oppiacei. Inoltre molti di questi Stati, Germania inclusa, hanno previsto la fruibilità di tali trattamenti anche a favore dei detenuti.
In secondo luogo la Corte EDU ha precisato che il suo compito non era quello di stabilire se il ricorrente aveva effettivamente bisogno del trattamento richiesto, bensì quello di determinare se le autorità tedesche avessero correttamente valutato il suo stato di salute ed il trattamento più adeguato.
I giudici sono così arrivati alla conclusione che la prova fisica e mentale a cui è stato sottoposto il signor Wenner è da sola sufficiente a soddisfare i criteri ex art. 3.: la violazione è scaturita dal fatto che le autorità tedesche abbiano disatteso l’obbligo di valutare il trattamento più adeguato alla patologia del ricorrente, non avendo fatto affidamento sul parere indipendente di un esperto in materia.
Nelle separazioni tra cittadini UE la competenza resta divisa se ci sono dei minori.
Con la sentenza del 7 settembre 2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che qualora il figlio minorenne si trovi all’estero con uno dei due coniugi, il giudice italiano resta competente per il procedimento di separazione personale, mentre sussiste il difetto di giurisdizione del giudice italiano per quel che concerne l’affidamento e il mantenimento, in base ad una corretta applicazione della normativa europea (in particolare Reg. CE 2201 del 2003).
La recentissima sentenza della Suprema Corte riguardava il caso di una coppia con un figlio formata da padre italiano e madre del Regno Unito la quale, in seguito alla separazione, aveva fatto ritorno con il minore in Inghilterra.
Le disposizioni transitorie per la tenuta dei registri delle unioni civili: in vigore il decreto del n. 144/2016.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del DCPM n. 144/2016, avvenuta in data 28 luglio, viene regolamentata la tenuta del registro provvisorio delle unioni civili e vengono dettate istruzioni in merito agli adempimenti degli Ufficiali di Stato Civile italiani in materia di unioni civili.
In attesa che siano elaborati i decreti operativi previsti dalla legge del maggio 2016, la disciplina transitoria prevede l’iscrizione in appositi Registri provvisori delle unioni civili istituiti presso tutti gli uffici comunali: le unioni tra coppie dello stesso sesso possono finalmente divenire una realtà effettiva, e difatti sono già partite le prenotazioni e le prime cerimonie.
In particolare, a norma del decreto, le parti possono presentare richiesta di costituzione di un’unione civile in qualsiasi comune della Repubblica. Ecco perché dal 29 luglio di quest’anno, tutte le coppie che lo desiderano possono rivolgersi in qualunque comune italiano per svolgere le pratiche necessarie alla celebrazione della loro unione civile.
Qualora la coppia dovesse trovarsi all’estero, occorre invece far richiesta all’Ufficio consolare competente in base alla residenza di una delle due parti.
La sentenza di rettificazione del sesso di uno dei due coniugi non determina necessariamente lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Con sentenza n. 8887 del 3 maggio del 2016, pubblicata in data 5 settembre, il Tribunale di Roma, Prima sezione, ha disposto che l’Ufficiale di stato civile non provvedesse ad annotare in calce all’atto di matrimonio lo scioglimento del vincolo matrimoniale a seguito del cambio di sesso di uno dei due coniugi, come invece previsto dalla normativa vigente.
Il caso riguardava un soggetto coniugato, il quale aveva domandato la rettificazione del sesso da maschile a femminile. La moglie si era costituita nel processo manifestando la propria volontà di proseguire nel vincolo di coniugio e chiedendo espressamente che non venisse disposto lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
La ragione della decisione deve essere rinvenuta nella volontà del giudice romano di non lasciare sguarnita da alcuna tutela giuridica la nuova formazione sociale risultante dall’avvenuta rettificazione del sesso: la coppia ha infatti diritto “alla conservazione della loro dimensione relazionale quando essa assume i caratteri della stabilità e continuità del vincolo coniugale”.
Lezione del Prof. Anton Giulio Lana al corso di specializzazione in diritto dell’immigrazione e riconoscimento della protezione internazionale.
In data 9 settembre 2016, l’Avv. Prof. Lana ha svolto una lezione dedicata alla protezione dello straniero nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nell’ambito del corso di specializzazione organizzato dall’Associazione Jus & Nomos presso la sede dell’ARA – Associazione Romana Andreolesi.
Il corso mira a fornire gli strumenti necessari ad acquisire una padronanza nell’applicazione della disciplina, nazionale ed europea, relativa all’immigrazione, alla tutela dei rifugiati ed al riconoscimento della protezione internazionale. Il programma è rivolto agli operatori giuridici e a tutti coloro che vogliono ampliare la propria competenza professionale nel settore dell’immigrazione.