La Corte di Cassazione riconosce il nesso causale tra vaccinazione e poliomelite (ord. n. 25119 del 24 ottobre 2017).
La sesta sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto la domanda di risarcimento formulata nei confronti del Ministero della Salute ed ha ritenuto provato il nesso causale tra la vaccinazione antipolio somministrata ad un uomo nel lontano 1956 (all’età di sette anni) presso il Comune di Messina e la poliomielite che ha poi avuto effetti permanenti ed invalidanti (la perdita dell’uso dell’arto inferiore).
L’ordinanza chiude un lungo iter giudiziario in cui le ragioni del ricorrente erano state rigettate sia in primo che in secondo grado. Già una prima volta la Corte di Cassazione aveva cassato la pronuncia di merito con rinvio alla Corte d’Appello. Quest’ultima, tuttavia, aveva nuovamente rigettato le istanze del ricorrente, ritenendo l’attribuibilità della poliomielite alla somministrazione del vaccino, una mera probabilità quantificabile nella misura assai bassa del 1 – 2%. Avverso detta pronuncia, pertanto, l’uomo ricorreva per la seconda volta in Cassazione.
Il Supremo Collegio ha oggi accolto nuovamente le istanze dell’uomo malato, stavolta precisando che i giudici di merito non si erano attenuti ai principi affermati in tema di indagine sul nesso di causalità, poiché avevano ritenuto che l’ipotesi del nesso causale non fosse suffragata da alta probabilità statistica.
La Cassazione ha bacchettato i giudici dell’appello bis perché “a fronte degli elementi significativi” – del presunto vaccino/polio – quali “il fatto che la sintomatologia paralitica è insorta dopo la somministrazione del vaccino nei tempi previsti dalla scienza, della inverosimiglianza del contagio per contatto e della affermata validità degli studi a sostegno delle difficoltà di inattivazione virale durante la prima produzione del vaccino” hanno invece deciso di “escludere la ragionevole probabilità scientifica dell’imputazione della poliomelite alla vaccinazione in considerazione dell’incidenza statistica”.
Ora, a distanza di tanti anni da quando, appena ragazzino, il Sig. Nicola D. perse l’uso di una gamba, nuovi magistrati dovranno occuparsi di riconoscergli finalmente l’indennizzo che da dodici anni sta domandando dopo aver trascorso un’intera vita da invalido.
Addio al mantenimento per la figlia insegnante precaria supplente ed alla casa familiare per la madre se la precarietà è strutturale nel settore lavorativo di riferimento.
Il Tribunale di Matera, con una decisione assai ‘singolare’, ha revocato l’assegno di mantenimento alla figlia e l’assegnazione della casa familiare alla madre perché la ragazza, ormai maggiorenne, avrebbe cominciato a lavorare. E ciò nonostante si trattasse di un’occupazione precaria e la casa coniugale fosse in comproprietà fra gli ex coniugi.
Secondo i Giudici, ciò che conta per la modifica delle condizioni di divorzio, è che la figlia goda di un reddito adeguato rispetto alla professionalità acquisita: la circostanza che il posto non sia fisso resta irrilevante quando è una “caratteristica strutturale” del settore in cui opera il lavoratore, nella specie insegnante supplente che sta facendo punteggio per ottenere la cattedra.
Si tratta certamente di una decisione che farà molto discutere.
Tiziana Pennino c. Italia: la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per la violazione dell’art. 3 CEDU in relazione ai maltrattamenti posti in essere dagli agenti di polizia.
Con una sentenza pubblicata il 12 ottobre 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per i maltrattamenti subìti da una donna da parte di alcuni agenti della polizia municipale di Benevento. In particolare, la Corte ha rilevato la violazione degli obblighi sostanziali e procedurali di cui all’art. 3 CEDU, poiché le autorità italiane hanno omesso di svolgere tutte le indagini necessarie a fronte della denuncia presentata dalla ricorrente, disponendone invece l’archiviazione.
I fatti in causa riguardano una donna che, nell’aprile 2013, veniva fermata dagli agenti della polizia municipale di Benevento, mentre era alla guida della sua automobile per sospetto stato di ebrezza. Tuttavia, la ricorrente contestava la condotta posta in essere dagli agenti in quella occasione, che l’avrebbero maltrattata, impedendole di contattare il suo avvocato e fratturandole un pollice, nell’atto di rimuoverle le manette che le erano state messe impropriamente.
Evidentemente, la versione della polizia municipale è tutt’affatto differente, rappresentando che la donna si sarebbe rifiutata di sottoporsi all’alcol test, assumendo comportamenti violenti nei confronti degli agenti.
La Corte europea ha condannato l’Italia, precisando che il Governo convenuto non ha fornito spiegazioni soddisfacenti e convincenti per le lesioni riportate dalla ricorrente mentre era alla stazione della polizia municipale. Inoltre, i Giudici di Strasburgo hanno motivato la violazione dell’art. 3 CEDU sotto il profilo procedurale, nella misura in cui le autorità italiane “non hanno dedicato l’attenzione necessaria alle accuse che la donna ha rivolto agli agenti della polizia municipale”.
La Corte europea ha, infine, stabilito che lo Stato italiano dovrà versare alla donna 12.000 euro per danni morali ed 8.000 per le spese legali.
Padre non informato dell’andamento scolastico del figlio: il tar annulla la bocciatura.
Il Tar annulla la bocciatura di uno studente di seconda media in quanto il padre non era stato informato dall’istituto scolastico dell’andamento scolastico negativo del figlio, che ora può ottenere l’iscrizione alla terza media. Succede in Friuli Venezia Giulia dove il Tar ha accolto il ricorso presentato dall’uomo e ha annullato la bocciatura del figlio; secondo la sentenza del Tar, pubblicata lo scorso 12 ottobre, la scuola ha “violato le precise indicazioni contenute nella circolare ministeriale prot. n. 5336/2015, volta a tutelare la bigenitorialità in ambito scolastico“. Del negativo andamento scolastico del ragazzo, infatti, la scuola aveva “relazionato esclusivamente alla madre“, “ben sapendo – rilevano i giudici amministrativi – che era stato disposto l’affidamento congiunto a entrambi i genitori del figlio“. L’istituto scolastico, inoltre – scrivono i giudici – era “ben consapevole delle difficoltà” che il ragazzo “incontrava in dipendenza dalla difficile separazione dei genitori, sfociata in una situazione fortemente conflittuale tra i coniugi“. Secondo il Tar, “il comportamento omissivo della scuola ha impedito al padre dello studente, ove tempestivamente informato della situazione scolastica del figlio, di adottare una serie di rimedi“, come era successo in un precedente anno scolastico, concluso con “esito più che positivo” in una scuola di Trieste, quando il ragazzo era stato seguito dal padre e aveva dimostrato buone capacità di recupero.
Corso di specializzazione sulla tutela europea dei diritti umani: XVIII edizione: al via le iscrizioni.
Inizierà il prossimo 17 novembre la XVIII edizione del Corso di specializzazione sulla tutela europea dei diritti umani, organizzato dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani, con il patrocinio del Consiglio d’Europa e del Consiglio Nazionale Forense.
Il corso si articola in una serie di cinque incontri, della durata di tre ore ciascuno, che si terranno nelle seguenti date (17, 24 novembre, 1° e 15 dicembre 2017 e 12 gennaio 2018) presso la Cassa forense in Via Ennio Quirino Visconti 6/8, Roma.
Tra i relatori, il Presidente della Corte EDU, Guido Raimondi, il giudice Vladimiro Zagrebelsky, il Prof. Enzo Cannizzaro, l’Avv. Prof. Anton Giulio Lana, il Prof. Vittorio Manes, il Prof. Andrea Saccucci.
L’evento è destinato a tutti coloro che intendano conseguire una specializzazione sul tema della tutela europea dei diritti umani.
Il programma e le modalità di iscrizione sono disponibili sul nostro sito alla sezione dedicata.
Corso di specializzazione “Migrazioni, integrazione e democrazia: profili giuridici, sociali e culturali”.
Prosegue la I edizione del Corso di specializzazione “MIGRAZIONI, INTEGRAZIONE E DEMOCRAZIA: profili giuridici, sociali e culturali”, organizzato dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani, con il patrocinio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), dell’Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL), del Ministero della Giustizia e del Consiglio Nazionale Forense. Il Corso si articola in una serie di 9 incontri a tematica multidisciplinare dall’8 settembre al 3 novembre 2017, per una durata complessiva di 36 ore. Ciascuna giornata si svolge il venerdì pomeriggio (dalle ore 13:45 alle ore 17:30) presso il Parlamentino del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, in Viale David Lubin, 2 – Roma. È possibile seguire il Corso anche in modalità telematica, per chi non abbia la possibilità di recarsi a Roma.
L’obiettivo è di fornire un quadro interdisciplinare della materia dell’immigrazione, dal punto di vista giuridico, economico, demografico e antropologico, nonché dal punto di vista giornalistico, sociologico, medico e psicologico, con l’espressa intenzione di illustrare, per la prima volta, questo complesso fenomeno in una prospettiva a 360 gradi, analizzandone le varie sfaccettature e tentando di fornire una visione quanto più completa possibile ai fruitori del corso.
Il Consiglio Nazionale Forense ha riconosciuto inoltre 20 crediti formativi per l’intero corso.