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Newsletter n. 12 del 24 dicembre 2019

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Sommario

Divieto di refoulement: l’Italia condannata a risarcire i migranti respinti verso la Libia, in applicazione della sentenza Hirsi Jamaa c. Italia.

Il 28 novembre 2019, il Tribunale civile di Roma, con un’importante sentenza, ha stabilito che i 14 migranti ricorrenti, intercettati in mare e portati in Libia, hanno diritto al risarcimento del danno, per le sofferenze patite, per la privazione della libertà personale, nonché per i rischi alla salute e all’incolumità psicofisica subiti a causa del respingimento, e soprattutto, hanno diritto ad accedere nel territorio italiano così da poter fare richiesta d’asilo. Si tratta di fatti accaduti nel 2009. Ottantanove persone, dopo essere fuggite dai loro rispettivi paesi d’origine, erano partite dalle coste libiche a bordo di un gommone, il quale veniva soccorso non lontano dall’isola di Lampedusa. Successivamente sono state poi riportate in Libia senza alcuna formalità, in maniera collettiva, senza prima essere state identificate, in violazione delle norme nazionali ed internazionali.

Sono difatti vietati i respingimenti collettivi senza che venga posta in essere una valutazione sulle circostanze personali e di fatto di ciascun migrante e senza aver permesso loro di presentare domanda d’asilo. Il comportamento dell’Italia, nel respingere i migranti, in passato era già stato ritenuto dalla Corte europea dei diritti umani una grave violazione della Convenzione e nello specifico del divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti (art. 3 CEDU), del divieto di espulsioni collettive (art. 4, Prot. n. 4 alla CEDU), nonché del diritto a un rimedio effettivo, anche per la mancata possibilità di richiedere protezione internazionale (art. 13 CEDU).

Alla luce di tale quadro normativo, il giudice, dott.ssa Monica Velletti, ha ritenuto che nel caso in cui le autorità di uno stato, come la Marina militare, soccorrano in alto mare dei migranti, dovranno poi esaminare singolarmente la situazione di ognuno e non potranno assolutamente riportarle in Paesi dove la loro vita o la loro libertà sarebbero minacciate o nei quali essi rischierebbero di subire persecuzioni. Si tratta di un’importante pronuncia, che ricalca quanto espresso da Strasburgo nella storica sentenza sul caso Hirsi Jamaa e altri c. Italia, patrocinata dal nostro studio, e che la applica nell’ordinamento interno.

Il Tribunale di Roma obbliga Facebook a riaprire la pagina di Casa Pound.

Con una molto discussa ordinanza cautelare, che obbliga Facebook a riattivare le pagine dell’Associazione di promozione sociale Casa Pound, la Giudice del Tribunale di Roma, dott.ssa Stefania Garrisi, ha ridelineato il ruolo di Facebook e più in generale dei social media nel panorama giuridico italiano.

L’ordinanza è stata emessa in data 13 dicembre 2019, a seguito del ricorso presentato da Casa Pound contro Facebook Ireland Limited in ragione della chiusura della pagina anzidetta, nonché della rimozione dei suoi contenuti di quella stessa pagina dal social network.

Il giudice ha ritenuto che Facebook non può più essere considerato come se fosse di una persona giuridica privata, con la facoltà – in quanto tale – di piena libertà di contrattazione. Il social media ad oggi è utilizzato da quasi 2 miliardi e mezzo di utenti, ed essendo impiegato tantissimo dai politici per le loro campagne elettorali, limitare o addirittura escludere la facoltà di utilizzarlo va a compromettere notevolmente principi essenziali del nostro ordinamento, quale il pluralismo politico, di cui all’articolo 49 della Costituzione. Cosi la giudice afferma: “il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano, come testimoniato dal fatto che la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento”. Nell’ordinanza si parla di una differenza nel rapporto tra il social media e il cittadino (o nel caso di specie l’associazione), dalla quale deriverebbe una sorta di dovere in capo a Facebook di agire e dettare regole seguendo solo le norme fondamentali del nostro ordinamento, presenti nella Costituzione, affermando che solo la violazione di queste ultime può integrare, quando sono in gioco diritti fondamentali, una violazione degli standard della comunità.

La questione sarà in ogni caso approfondita da un altro giudice, che dovrà valutare nel merito se Casa Pound ha violato, con i contenuti della sua pagina, i principi e regole della nostra Costituzione.

Corsi di specializzazione in materia di diritti umani: “Tutela dei diritti umani” (XX edizione) e “La Convenzione europea dei diritti umani, moduli monotematici” (IV edizione).

Si è da poco concluso il corso di specializzazione sulla “Tutela europea dei diritti umani”, organizzato dall’Unione Forense per la tutela dei diritti umani e che quest’anno ha festeggiato la sua XX edizione.

Il corso è un utile strumento di approfondimento e aggiornamento per operatori giuridici e studiosi della materia.

Tra gli strumenti internazionali a tutela dei diritti fondamentali vi sono, da un lato, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e, dall’altro, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, la prima è venuta assumendo negli anni un ruolo sempre più significativo nel contesto dei 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa, soprattutto in ragione dell’effettività della tutela dei diritti fondamentali apprestata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, organo giurisdizionale permanente con sede a Strasburgo, che vigila sul rispetto da parte degli Stati membri degli obblighi previsti dalla CEDU.

Il corso è dedicato proprio allo studio del funzionamento di tale sistema, offrendo ai partecipanti la possibilità di approfondire, con il contributo di autorevoli esperti in materia, la giurisprudenza della Corte europea e l’impatto che questa ha nell’ordinamento italiano. Nell’ambito del corso sono stati altresì esaminati i rapporti tra la Corte di Strasburgo e la Corte di Lussemburgo alla luce dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che ha attribuito valore giuridico vincolante alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Il corso si è articolato in una serie di sei incontri, della durata di tre ore ciascuno, che si sono tenuti presso la Cassa Forense e il Consiglio Nazionale Forense, in Roma e si è concluso in data 13 dicembre 2019 con le lezioni magistrali del giudice della Corte EDU, Raffaele Sabato, del giudice della Corte costituzionale, Francesco Viganò e del giudice della Corte di Cassazione, Roberto Conti.

Nel corso della primavera sarà lanciato il corso di specializzazione sulla “Convenzione europea dei diritti dell’uomo – moduli monotematici”, giunto alla sua IV edizione, che intende fornire un approfondimento di singole tematiche tra le più discusse dinnanzi alla Corte di Strasburgo relativamente ai diritti garantiti dalla CEDU.

A breve sarà pubblicato il relativo programma.

Gli auguri dello Studio Lana Lagostena Bassi.

Lo Studio e tutti i suoi componenti hanno il piacere di augurarVi di trascorrere delle serene giornate di festività con i Vostri affetti più cari e di ricominciare nel migliore dei modi l’anno (e il decennio) nuovo.