La Corte europea dei diritti dell’uomo interviene sui respingimenti dei migranti avvenuti nell’enclave spagnola di Melilla.
Con sentenza emessa il 3 ottobre 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha statuito, all’unanimità, una violazione dell’articolo 4 (divieto di espulsioni collettive di stranieri) del protocollo n. 4 alla CEDU e una violazione dell’articolo 13 (diritto a un ricorso effettivo) della medesima Convenzione.
Il caso riguardava l’immediato ritorno in Marocco di migranti sub-sahariani che avevano tentato, in data 13 agosto 2014, di entrare illegalmente in territorio spagnolo travalicando le barriere che circondano l’enclave spagnola di Melilla, situata sulla costa orientale del Marocco, nell’Africa del Nord.
Nel caso di specie, la Corte ha osservato che i ricorrenti erano stati espulsi e ricondotti in Marocco contro la propria volontà e che le misure di espulsione erano state prese in assenza di qualsivoglia decisione amministrativa o giudiziaria precedente: i ricorrenti N.D e N.T. non erano stati sottoposti ad alcuna procedura di identificazione da parte delle autorità spagnole, né avevano avuto la possibilità di ricevere assistenza da avvocati (i quali avrebbero potuto quantomeno renderli edotti delle disposizioni in materia di asilo o delle procedure atte a contestare la loro espulsione), interpreti o personale medico.
Da ultimo, la Corte ha rilevato l’esistenza di un chiaro legame tra l’espulsione collettiva ai quali N.D e N.T. sono stati sottoposti al confine di Melilla, vietata dall’art. 4, e il diritto previsto dall’art. 13 CEDU: tenuto conto delle circostanze del caso concreto, i ricorrenti non hanno avuto la possibilità di esercitare il diritto a un ricorso effettivo che avrebbe loro consentito di presentare una denuncia alle autorità competenti e di ottenere una valutazione completa e rigorosa delle loro richieste prima della loro espulsione.
La Corte EDU pronuncia un’importante sentenza in materia di libertà di espressione.
Con sentenza resa il 3 ottobre 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha individuato, all’unanimità, una violazione dell’articolo 10 CEDU (libertà di espressione) da parte della Russia nei confronti del sig. Dmitriyevskiy. La Corte ha, infatti, ritenuto che fa parte integrante della libertà di espressione il poter ricercare la verità storica degli eventi anche se ciò possa dar vita a un dibattito sulle cause che comportano la commissione di reati di guerra.
Il caso riguardava la condanna del caporedattore di un quotidiano regionale per via della pubblicazione di articoli che contenevano le dichiarazioni di due leader separatisti ceceni.
La Corte ha affermato che le opinioni esposte nelle due dichiarazioni non potevano essere interpretate come un incitamento alla violenza o all’odio, non potendo la pubblicazione degli articoli in questione avere effetti nocivi e minare l’integrità territoriale o la sicurezza pubblica.
Gli articoli in questione, presumibilmente scritti da due leader separatisti ceceni che hanno incolpato le autorità russe per il conflitto in corso nella Repubblica cecena, erano senza dubbio parte di un dibattito politico su questioni di interesse generale e pubblico.
La Corte, pur consapevole della sensibilità del dibattito e tenuto conto della difficile situazione in atto nella Repubblica cecena (dove persistono tendenze separatiste capaci di comportare violenti scontri tra le forze di sicurezza russe e i combattenti), ha, comunque, chiarito che il fatto che le dichiarazioni contenute in articoli di giornale contengano una forte critica al modus operandi delle autorità ufficiali e indichino il governo come unico responsabile dello status di guerra in cui ci si trova non è di per sé sufficiente a giustificare un’interferenza alla libertà di espressione.
Corretta la revoca dell’assegno di mantenimento al figlio trentacinquenne che non si è mai attivato per trovare un lavoro.
Con l’ordinanza del 25 settembre 2017 n. 22314 la sesta sezione civile della Cassazione ha respinto il ricorso di una donna nei confronti dell’ex marito, il quale aveva ottenuto dal tribunale la revoca del contributo da versare alla ex moglie per il mantenimento della figlia maggiorenne con lei convivente.
Il caso sottoposto all’attenzione della Corte concerneva una ragazza di 35 anni, disoccupata, ma senza problemi di salute e, quindi, in grado di trovarsi un lavoro e raggiungere finalmente l’indipendenza economica.
Con l’ordinanza del 25 settembre scorso, la Cassazione ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento del Tribunale di revoca dell’assegno, ribadendo che l’obbligo di mantenimento cessa quando il genitore dimostra di aver messo il figlio nelle condizioni di essere economicamente autosufficiente.
In particolare, secondo la Corte di Cassazione: “la sentenza impugnata ha fatto applicazione del principio secondo cui l’obbligo del genitore separato o divorziato di concorrere al mantenimento del figlio (nella specie, di 35 anni) perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio sia stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta”.
Il tribunale di Padova applica la normativa marocchina per il divorzio consensuale.
Il tribunale di Padova ha riconosciuto il divorzio di due cittadini marocchini residenti in Italia applicando, su loro richiesta, la legge del proprio paese. In Marocco è infatti previsto il divorzio immediato, senza passare per la fase della separazione, ma con il pagamento, da parte dell’ex marito, del Sadaq, ossia di un «dono di consolazione».
I due cittadini marocchini erano da tempo residenti nel nostro Paese. Ai sensi del Regolamento UE 1259/2010, i cittadini stranieri residenti in Italia o cittadini italiani che risiedano o abbiano risieduto all’estero possono chiedere al Giudice di applicare la legge di un paese straniero con cui uno o entrambi i coniugi abbiano un qualche collegamento. Le parti possono anche scegliere una legge straniera da applicare alle conseguenze economiche del divorzio, sempre purché sussista un qualche collegamento con almeno uno dei due coniugi, ai sensi delle norme di diritto internazionale privato.
Numerose, nel corso di questi anni, sono dunque state le pronunzie che hanno fatto applicazione della legge slovena, brasiliana, francese, svizzera, olandese, statunitense, serba, inglese e così via.
Nella vicenda padovana è stata applicata la legge marocchina: il provvedimento si è comunque limitato a prendere atto che i due giovani marocchini erano d’accordo nel divorziare direttamente, secondo quanto previsto dalla legge del loro paese d’origine. I due, peraltro, hanno anche chiesto l’applicazione delle norme marocchine per regolare i loro rapporti economici. L’ex coniuge ha così ottenuto, con il consenso del marito, l’importo totale di 2000 Euro comprensivi anche del dono di consolazione: una somma che è similare, per il modo in cui è calcolata, alla cosiddetta una tantum prevista dalla normativa italiana quando i coniugi sono d’accordo.
Corso di specializzazione sulla tutela europea dei diritti umani, XVIII edizione: al via le iscrizioni.
Inizierà il prossimo 17 novembre la XVIII edizione del Corso di specializzazione sulla tutela europea dei diritti umani, organizzato dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani, con il patrocinio del Consiglio d’Europa e del Consiglio Nazionale Forense.
Il corso si articola in una serie di cinque incontri, della durata di tre ore ciascuno, che si terranno nelle seguenti date (17, 24 novembre, 1° e 15 dicembre 2017 e 12 gennaio 2018) presso la Cassa forense in Via Ennio Quirino Visconti 6/8, Roma.
Tra i relatori, il Presidente della Corte EDU, Guido Raimondi, il giudice Vladimiro Zagrebelsky, il Prof. Enzo Cannizzaro, l’Avv. Prof. Anton Giulio Lana, il Prof. Vittorio Manes, il Prof. Andrea Saccucci.
L’evento è destinato a tutti coloro che intendano conseguire una specializzazione sul tema della tutela europea dei diritti umani.
Il programma e le modalità di iscrizione sono disponibili qui.
Corso di specializzazione “Migrazioni, integrazione e democrazia: profili giuridici, sociali e culturali”.
Prosegue la I edizione del Corso di specializzazione “MIGRAZIONI, INTEGRAZIONE E DEMOCRAZIA: profili giuridici, sociali e culturali”, organizzato dall’Unione forense per la tutela dei diritti umani, con il patrocinio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), dell’Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL), del Ministero della Giustizia e del Consiglio Nazionale Forense. Il Corso si articola in una serie di 9 incontri a tematica multidisciplinare dall’8 settembre al 3 novembre 2017, per una durata complessiva di 36 ore. Ciascuna giornata si svolge il venerdì pomeriggio (dalle ore 13:45 alle ore 17:30) presso il Parlamentino del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, in Viale David Lubin, 2 – Roma. È possibile seguire il Corso anche in modalità telematica, per chi non abbia la possibilità di recarsi a Roma.
L’obiettivo è di fornire un quadro interdisciplinare della materia dell’immigrazione, dal punto di vista giuridico, economico, demografico e antropologico, nonché dal punto di vista giornalistico, sociologico, medico e psicologico, con l’espressa intenzione di illustrare, per la prima volta, questo complesso fenomeno in una prospettiva a 360 gradi, analizzandone le varie sfaccettature e tentando di fornire una visione quanto più completa possibile ai fruitori del corso.
Il Consiglio Nazionale Forense ha riconosciuto inoltre 20 crediti formativi per l’intero corso.
Trovate qui maggiori informazioni.