Gli auguri dello Studio Lana Lagostena Bassi.
I componenti dello Studio Lana Lagostena Bassi augurano a tutti voi un felice inizio di anno nuovo.
Si è svolta il 5 gennaio scorso la prima udienza del procedimento penale a carico di Duilio Poggiolini.
Si è svolta il 5 gennaio u.s., presso la prima sezione del Tribunale Penale di Napoli, la prima udienza dibattimentale contro l’ex direttore del Servizio Sanitario Nazionale Duilio Poggiolini, imputato per concorso in omicidio colposo nell’ambito dell’inchiesta su una serie di decessi di persone dovuti a somministrazioni di sangue infetto e di emoderivati. Il Giudice Dott. Francesco Pellecchia ha disposto – nuovamente – il rinvio dell’udienza per il 27 aprile 2015 a causa del difetto di notifica nei confronti dell’imputato stesso. Secondo quanto sostenuto dall’accusa, Duilio Poggiolini, in concorso con altri soggetti, avrebbe provveduto ad utilizzare sangue prelevato da individui a rischio in un periodo in cui, purtroppo, non erano previsti test specifici contro l’AIDS e l’epatite B e C.
Il rinvio a giudizio arriva dopo circa 20 anni dalla data dei fatti contestati a causa di un iter procedimentale estremamente articolato: le indagini avviate dalla procura di Napoli all’inizio degli anni novanta furono successivamente trasmesse a Roma, poi al tribunale di Trento e nuovamente trasferite nel capoluogo partenopeo.
A conclusione della predetta udienza, l’Avv. Valentina Rao – socia dello Studio – ha rilasciato un’intervista che potete visionare al seguente indirizzo:https://www.youtube.com/watch?v=2AgbpKHAuJ4
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo torna ad occuparsi dell’adozione.
Con sentenza del 16 dicembre 2014, la Corte europea dei diritti dell’uomo è tornata a occuparsi di adozioni nel caso Chbihi Loudoudi e altri c. Belgio (ricorso n. 52265/10).
La questione riguardava un rifiuto da parte delle autorità belghe della domanda del signor Chbihi Loudoudi e della signora Ben Said per l’adozione della loro nipotina marocchina, della quale si prendevano cura in forza della kafala, istituto di diritto islamico consistente nell’impegno volontario a fornire tutela al minore,provvedendo al suo mantenimento, alla sua educazione ed alla sua protezione fino alla maggiore età.
La Corte ha dichiarato, a maggioranza, che nel caso di specie non vi era stata alcuna violazione dell’articolo 8 CEDU (che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare), né con riferimento al rifiuto di concedere l’adozione, né per quanto riguarda lo stato di residenza del minore.
I giudici di Strasburgo hanno poi rilevato che il rifiuto di concedere l’adozione era basato su una legge mirante a garantire, conformemente alla Convenzione dell’Aia del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, che le adozioni internazionali fossero concesse nell’interesse superiore del minore e nel rispetto della sua vita privata e familiare: in particolare, le autorità belghe avevano legittimamente ritenuto che tale rifiuto fosse nell’interesse superiore del minore, in quanto volto ad assicurare il mantenimento di un unico rapporto genitore-figlio sia Marocco e Belgio (cioè la legale relazione genitore-figlio con i genitori genetici). Inoltre, ribadendo che la CEDU non garantisce il diritto a un particolare status di residenza, la Corte ha osservato che l’unico vero ostacolo incontrato dalla bambina era consistito nella sua impossibilità di partecipare a una gita scolastica. Questa difficoltà, a causa l’assenza di un permesso di soggiorno tra il maggio 2010 ed il febbraio 2011, non è sufficiente per concludere che il Belgio fosse tenuto a rilasciare un permesso di soggiorno di durata illimitata per proteggere la sua vita privata.
La Corte d’appello di Torino riconosce a due donne eguali diritti come mamme di un bambino nato in Spagna da inseminazione eterologa.
Con una sentenza che aprirà nuovi varchi giurisprudenziali, la Corte d’Appello di Torino ha riconosciuto – ribaltando il verdetto di primo grado – a due donne eguali diritti come mamme di un bambino nato in Spagna da inseminazione eterologa. E’ un bambino nato in Spagna grazie all’inseminazione eterologa e, per la legge locale, è figlio di due mamme. Ora la Corte d’Appello di Torino – per la prima volta in Italia – ha accolto la loro richiesta e ordinato all’ufficiale di stato civile del Comune di trascrivere la nascita del bambino come figlio di entrambe le mamme.
La decisione dei giudici torinesi si basa sulla necessità di “garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni, nell’esclusivo interesse del bambino cresciuto da due donne che la legge spagnola riconosce entrambe come madri”.
Al momento, tuttavia, l’atto non verrà trascritto, almeno per il momento, dal Comune di Torino. La decisione è stata presa, secondo l’Ansa, dopo un colloquio telefonico tra i servici civici e la prefettura di Torino, a cui in giornata verrà inviata copia della sentenza della Corte d’Appello per avere un parere sulla vicenda da parte del Ministero degli Interni.
Le due donne, sposate in Spagna, sono indicate nello stato civile del Comune di Barcellona come ‘madre A’ e ‘madre B’. Il Tribunale di Torino, in un primo momento, aveva respinto la richiesta di trascriverlo nell’anagrafe italiana, ritenendo la trascrizione “contraria all’ordine pubblico” in relazione alle norme in materia di filiazione che fanno riferimento ai concetti di padre, madre, marito e moglie.
La sezione famiglia della Corte d’Appello presieduta da Silvia Daniela ha ribaltato questa decisione. La mancata trascrizione dell’atto di nascita, sostiene la Corte, verrebbe infatti a comprimere il diritto all’identità personale del minore e il suo status in Italia.
Danno terminale: la Cassazione determina la giusta liquidazione
Con la sentenza n. 23183 del 31 ottobre 2014 la terza Sezione della Cassazione Civile è intervenuta sul tema della liquidazione del danno terminale, puntualizzando un orientamento già espresso in precedenti pronunce (Cass. n. 18163/2007 e Cass. n. 1877/2006).
In tutte queste occasioni la Suprema Corte ha sostenuto che il danno terminale, sebbene temporaneo, debba considerarsi massimo sia nell’intensità che nell’entità, dal momento che la lesione al bene salute può diventare irrecuperabile, fino anche a sfociare nell’evento morte.
Nello specifico, la Corte si è espressa in merito alla possibilità di utilizzare le tabelle genericamente predisposte per la liquidazione del danno biologico o delle invalidità di soggetti che sopravvivono all’evento dannoso ed ha escluso una meccanica applicazione delle stesse, ritenendo, piuttosto, necessario tener conto di tutti i fattori di personalizzazione del caso.
Nel caso di specie, il Tribunale di Arezzo aveva riconosciuto il risarcimento del danno terminale patito dalla vittima di un incidente stradale (rimasto in vita per sette giorni dopo il sinistro), liquidandolo con riferimento al valore tabellare corrispondente al 100% di riduzione dell’integrità psico-fisica.
La Corte di Appello di Firenze aveva rideterminato l’importo da risarcire a titolo di “danno biologico terminale”, sostenendo che il valore unitario del danno biologico per la percentuale del 100% non considerasse l’ontologica transitorietà del danno biologico terminale e rischiasse di identificarlo come un “danno da perdita della vita”. Alla luce di queste considerazioni aveva adoperato per la liquidazione un criterio equitativo puro, che considerava anche la giovane età della vittima, ma senza applicare il criterio tabellare dell’invalidità temporanea, ritenuto inadeguato in considerazione della peculiarità del pregiudizio.
La Corte di Cassazione, con la richiamata sentenza, ha confermato la pronuncia dei giudici di secondo grado, con la ulteriore precisazione che il danno terminale è comprensivo di un danno biologico da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso) cui può sommarsi una componente di sofferenza psichica (“danno catastrofico”) e che, mentre nel primo caso la liquidazione può ben essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, nel secondo caso risulta integrato un danno non patrimoniale di natura affatto peculiare che comporta la necessità di una liquidazione che si affidi ad un criterio equitativo puro – ancorché sempre puntualmente correlato alle circostanze del caso – che sappia tener conto della enormità del pregiudizio.