Il T.A.R. del Lazio, sezione di Roma, condanna il Ministero della Salute a dare esecuzione a due sentenze che riconoscevano la sussistenza dei danni occorsi a seguito dell’assunzione di emoderivati infetti.
Lo Studio Lana Lagostena Bassi ha il piacere di comunicare che, il Tribunale Amministrativo del Lazio, sezione di Roma, con due sentenze del 23 febbraio u.s. e del 17 maggio u.s., ha accertato l’obbligo sussistente in capo al Ministero della Salute di ottemperare a due sentenze con le quali veniva riconosciuta la sussistenza del danno da contrazione dei virus dell’HIV, dell’HCV e dell’HBV in capo ad alcuni assistititi, a seguito della somministrazione di sangue infetto.
L’instaurazione di tali giudizi da parte dello Studio, si giustificava alla luce dei persistenti ritardi da parte della Pubblica Amministrazione in relazione ai pagamenti delle sentenze emesse dai giudici civili.
A fronte di tale inadempimento, che riguarda, e, purtroppo, continua a riguardare tanto le sentenze provvisoriamente esecutive, quanto quelle passate in giudicato, lo Studio si è visto costretto a promuovere giudizi di ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo, con ulteriore procrastinarsi dell’attesa del risarcimento per i danneggiati, nonché maggiori spese a carico dell’Amministrazione.
I soci dello Studio Lana – Lagostena Bassi auspicano che, a fronte di tale pronounce, il Ministero provveda al pagamento di quanto spettante alle vittime del sangue infetto.
I nuovi contratti di convivenza dopo a legge sulle unioni civili.
A seguito dell’entrata in vigore della legge sulle unioni civili (l. 20 maggio 2016 n. 76), lo Studio Lana Lagostena Bassi è impegnato ad attuare il nuovo compito che il Parlamento ha affidato all’Avvocatura: quello di assistere i conviventi di fatto che intendano stipulare un contratto di convivenza.
Tali contratti hanno lo scopo di disciplinare i rapporti patrimoniali tra due conviventi. Ai conviventi basterà recarsi da un avvocato (e non per forza da un notaio) per regolare i propri rapporti patrimoniali con apposito contratto.
Al comma 50, il testo del d.d.l. prevede infatti che “i conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune, con la sottoscrizione di un “contratto di convivenza“.
Il successivo comma 51 dispone, invece, che “il contratto di cui al comma 50, le sue modifiche e la sua risoluzione, sono redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato, che ne attestano la conformità alle norme imperative ed all’ordine pubblico”.
Lo Studio Lana Lagostena Bassi sta svolgendo, in questi giorni, un’attività di approfondimento della nuova normativa e di consulenza agli interessati.
Ciò al fine di rendere un servizio efficiente e fare in modo che le nuove tutele riconosciute dall’ordinamento ai propri cittadini possano effettivamente dispiegarsi. L’obiettivo è la tutela dei valori affettivi di tutte le persone ed in particolare dei più deboli.
La Cassazione non condanna il marito che si autoriduce l’assegno di mantenimento.
La sesta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 23010/2016 depositata ieri, ha accolto il ricorso di un uomo condannato dalla Corte d’Appello a due mesi di carcere e multa per il reato di cui all’art. 570, 2° comma, n. 2, c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare) che aveva ridotto l’importo dell’assegno mensile da versare alla moglie. da € 4.000,00 ad € 800,00. Secondo i giudici, se il “taglio” è avvenuto per un periodo breve (peraltro, successivamente sanato) e non risulta provato lo “stato di bisogno”, l’autoriduzione non è sufficiente a configurare la responsabilità penale. Pur non credendo allo stato di indigenza dell’uomo (ex manager facoltoso di una nota casa automobilistica e proprietario di una serie di società di consulenza), gli Ermellini hanno ritenuto che sull’assenza di motivazione circa lo stato di bisogno il ricorrente avesse ragione.
Vero è, ha affermato infatti la Suprema Corte, che l’onerato era nella concreta possibilità di adempiere ai propri obblighi di corresponsione dei mezzi di sussistenza, ma è vero altresì che “non pare adeguatamente motivata la circostanza della sussistenza dello stato di bisogno della moglie e dei figli minori”.
I giudici di merito hanno “alluso ad un grave disagio ed effettivo stato di bisogno” richiamandone nozione e presunzione sulla base di alcune massime della Cassazione, senza confrontarsi “criticamente con i dati di fatto accertati e richiamati che lascerebbero invece trasparire una sostanziale inesistenza di un effettivo stato di bisogno dei destinatari dei versamenti – posto che lo stesso va tenuto – distinto dall’obbligo di mantenimento ed individuato in quanto è necessario per la sopravvivenza, sia pure con la valutazione di altre complementari esigenze quali abbigliamento, istruzione, abitazione, mezzi di trasporto e simili”.
Nel caso di specie, non solo la riduzione della cifra versata era stata di breve durata (solo 7 mesi) ma la moglie aveva anche da parte risparmi di un certo rilievo economico. Si tratta di una pronuncia che non mancherà di far discutere.
L’ospedale risponde della colpa dei medici anche se appartengono ad una struttura diversa (Cass. Civ., 20 aprile 2016, n. 7768).
Con una recente pronuncia, la Cassazione ha ribadito il principio di diritto per cui l’accettazione del paziente in una struttura (pubblica o privata) deputata a fornire assistenza sanitaria-ospedaliera, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto di prestazione d’opera atipico di spedalità, laddove la responsabilità del medico dipendente dell’ente ospedaliero verso il paziente è fondata sul contatto sociale instaurantesi tra quest’ultimo ed il medico. Il rapporto si modella sul contratto d’opera professionale, in base al quale il medico è tenuto all’esercizio della propria attività nell’ambito dell’ente con il quale il paziente ha stipulato il contratto, ad essa ricollegando obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi emersi o esposti a pericolo in occasione del detto “contatto”, e in ragione della prestazione medica conseguentemente da eseguirsi.
Pertanto, per il Supremo Collegio è sintomatico affermare che, allorquando un paziente viene ricoverato in una struttura sanitaria gestita, in virtù di apposita convenzione, da un soggetto diverso dal proprietario, dei danni causati dai medici ivi operanti è tenuto a rispondere non già quest’ultimo bensì il soggetto che di tale struttura ha la diretta gestione, in quanto è col primo e non col secondo che il paziente stipula, per il solo fatto dell’accettazione nella struttura, il contratto atipico di spedalità. La diretta gestione della struttura sanitaria costituisce infatti l’elemento idoneo ad individuare il soggetto titolare del rapporto instaurato con il paziente (e con il medico), ed a conseguentemente fondare la correlativa responsabilità. A nulla rileva il fatto che i medici che hanno eseguito il trattamento medico siano dipendenti da altro nosocomio, e non facenti parte della propria pianta organica.
Deriva da quanto precede che il paziente è estraneo alle scolte di carattere organizzativo e burocratico adottate dall’amministrazione sanitaria nel suo complesso ed è inconsapevole di tali decisioni, non potendo pertanto risultare penalizzato per effetto di scelte operate dall’amministrazione ospedaliera, come quella di fare operare nei locali dell’Ospedale una equipe di sanitari non formata da dipendenti di quel presidio ospedaliero.
Poiché, in base alla regola di cui all’art. 1228 c.c., il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, ancorché non siano alle sue dipendenze, la Cassazione ha confermato le sentenze di primo e secondo grado che avevano accolto la domanda dei genitori di un minore che aveva riportato un grave deficit alla propria salute conseguenza di ipossia sofferta in occasione del parto.
Convegno dell’IDHAE e dell’ordine degli avvocati di Atene sulla crisi dei diritti umani.
L’Institut des Droits de l’Homme des Avocats Européens (IDHAE) ha organizzato, per il prossimo 3 giugno ad Atene, un incontro in collaborazione con l’Ordine degli Avvocati di Atene sul tema “Les droits de l’homme en crise”.
L’evento – il cui titolo è volutamente suscettibile di una duplice interpretazione – nasce dalla volontà, da un lato, di analizzare il ruolo che riveste la tutela dei diritti umani nell’ambito dell’attuale crisi economica ed istituzionale in Europa; dall’altro, di stigmatizzare la situazione di crisi, in cui versa oggi la stessa tutela dei diritti umani.
L’Avv. Prof. Anton Giulio Lana e l’Avv. Mario Melillo parteciperanno all’evento rispettivamente in qualità di Presidente e di Segretario Generale dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani (UFTDU).
Nel corso della prima sessione pomeridiana del convegno, l’Avv. Prof. Lana svolgerà una relazione sul tema “Le crépuscule des droits de l’Homme?”, soffermandosi ad analizzare se e come il sistema della Corte di Strasburgo possa fornire una valida risposta alla richiamata crisi dei diritti umani.
Quinto congresso giuridico distrettuale a Merano.
Si terrà dal 9 all’ 11 giugno, presso il Kurhaus di Merano, la V edizione del Congresso giuridico distrettuale forense per l’aggiornamento professionale organizzato dall’Ordine degli avvocati di Bolzano.
La sessione inaugurale dell’evento si terrà per il 9 giugno alle ore 15, con il saluto dei Presidenti di Trento, Rovereto e Bolzano, ai quali seguiranno gli interventi dei Presidenti del Consiglio nazionale forense, Avv. Andrea Mascherin, della Cassa Forense, Avv. Luciano Nunzio, dell’Unione delle Camere Penali italiane, Avv. Beniamino Migliucci, della Österreichischen Rechtsanwaltskammer, Rupert Wolff, e dell’Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati, Avv. Patrizia Corona.
Nel pomeriggio di giovedì 9, vi sarà la lectio magistralis del Dr. Paolo Borgna, quest’anno dedicata a Piero Calamandrei.
L’Avv. Prof. Anton Giulio Lana è stato invitato a tenere una lezione nella mattinata di venerdì 10 giugno, nell’ambito della sessione dedicata al tema: “Il Muro di Vienna – Diritti Umani dei Migranti e disgregazione dell’Unione Europea. Effetti sociali ed economici sull’Alto Adige”. Nel corso della sua relazione, l’Avv. Prof. Lana si soffermerà ad analizzare quali violazioni si potrebbero contestare all’Austria per la costruzione del muro del Brennero, alla luce delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. In particolare, esaminerà se il blocco dei migranti al di là dei confini nazionali attraverso l’innalzamento di barriere possa rientrare nel divieto di refoulement, principio già consolidato nella giurisprudenza della Corte con riferimento ai respingimenti dei migranti in mare.